sabato 29 marzo 2014

Richard Wagner: Die Walküre - La Valchiria

SINTESI TRATTA DAL PROGRAMMA DI SALA a cura di Emidio Di Maio
Fondazione Teatro La Fenice di Venezia
Stagione 2005-2006 Lirica e Balletto


Luca Zoppelli
Antigone nel Walhall: Die Walküre. Drammaturgia tragica, disobbedienza civile e utopia dell’opera.

Fra gli obiettivi della poetica romantica cera quello di radere al suolo lintero sistema dei generi ereditati dalla tradizione. In certi casi si andò effettivamente verso una sorta di tabula rasa su cui lasciar fiorire larte nuova, più spesso si trattò di una riorganizzazione ma non tale da cancellare i lineamenti del paesaggio preesistente.
Nel frammento 116 dell’«Athenaeum», Friedrich Schlegel aveva invocato una «poesia universale progressiva» il cui scopo sarebbe stato quello di «unificare tutti i generi separati» Der Ring des Nibelungen appare come una delle massime realizzazioni di quel sogno.

4 Modelli diversi

I quattro drammi del Ring sono concepiti a partire da diversi modelli di genere letterario. Das Rheingold presenta i tratti di un mito, di una narrazione atta a spiegare gli eventi originari che hanno conferito al mondo la sua configurazione, Die Walküre si fonda sulle teorie idealistiche del tragico; Siegfried è organizzato invece come una fiaba. Infine la Götterdämmerung concepita per prima, e intesa allinizio come dramma autonomo ha tutti i tratti dellopera seriadel primo Ottocento, di un dramma a scioglimento funesto ove leroe soccombe allintrigo ordito da un antagonista negativo. Questi quattro modelli generano altrettanti tipi di drammaturgia, e di conseguenza differenti strategie per quanto riguarda le funzioni della musica nel dramma stesso.

Tragedia e tragico

Affermare che Die Walküre è una tragedia potrebbe apparire banale, se non fosse necessario ricollocare questo termine. La grandiosa opera di riflessione svolta dai protagonisti dellidealismo tedesco, come i fratelli Schlegel, Schiller e Hegel, aveva definito lessenza del tragico a partire dai modelli classici,:  il tragico è distinto dal semplice funestoche caratterizza il dramma borghese (Saggio sul tragico di Peter Szondi). Secondo questa concezione, non è tragica la rappresentazione di un conflitto fra avversari e del suo scioglimento funesto  o ingiusto, dovuto ad uno squilibrio di potere: leroe nobile, innocente e perseguitato, deriva  dal modello del dramma borghese, con i  potenti perfidi, e gli innocenti  oppressi, e non può essere definito tragico. Tragica è invece la situazione che vede i protagonisti avviluppati in un groviglio distanze morali contrapposte, tutte in qualche modo valide, ma inconciliabili; tragica è la situazione in cui il personaggio affonda in una crisi inestricabile a causa delle proprie contraddizioni, ed ogni mossa da lui tentata per uscirne non fa in realtà che radicalizzare la crisi (ironia tragica). La libera accettazione, da parte delleroe, dellannientamento che ne consegue sono, secondo Schiller, la vera fonte della purificazione morale che il tragico emana.

Classicismo in Wagner

Gli scritti giovanili su Norma, (una delle rare opere delletà romantica a fondarsi su una concezione classicistica del tragico), dimostrano l'attenzione di Wagner verso alcuni principi drammaturgici della tradizione classicistica: classica è infatti la struttura del Ring, un prologo e tre giornate; classico è lattenersi, ad una certa unità di tempo e luogo allinterno dei singoli drammi e soprattutto degli atti. Classico infine è lintrigo del ciclo dal punto di vista di quello che è forse il personaggio principale: il dio Wotan. 

Wotan

Per dirla con Nietzsche:
Nel Ring des Nibelungen leroe tragico è un dio il cui animo è assetato di potenza, e che, percorrendo tutte le vie per ottenerla, si lega con patti, perde la sua libertà e viene implicato nella maledizione che pesa sulla potenza. Finalmente egli è preso dalla nausea per la potenza, che porta in se  il male e la schiavitù, la sua volontà si spezza, egli stesso desidera la fine. E solo ora accade ciò che prima aveva tanto desiderato: appare luomo libero e senza paura.
La concezione tragica del personaggio di Wotan, è del tutto evidente. Nellantefatto mitico (che ci vien solamente raccontato), il dio ha divelto un ramo dal «frassino del mondo» per farne la lancia su cui fonda la propria potenza (egli la usa, per infrangere la spada magica di Siegmund, ma anche per evocare Loge, dio del fuoco, affinché circondi di fiamme la rupe). Una potenza condizionata, giacché sulla lancia sono incise le «rune» (le leggi, i patti) che regolano il mondo: Wotan ne è divenuto signore, ma a condizione di farsi garante e difensore dei patti.
Wotan ha creato una società contrattuale, uno stato nel senso politico del termine, su cui esercita sì un potere, ma nei limiti del sistema contrattuale. Cedendo alla tentazione di assolutizzare il proprio potere, si è fatto costruire la rocca che ne costituisce lemblema, ed ha promesso in cambio qualcosa che non potrebbe dare (Freia, dea dellamore e garante dellimmortalità degli dei); poi baratta il compenso promesso con un altro (lanello), sottratto con la frode ad Alberich. Lanello custodito sotto la pancia del drago (ex gigante) Fafner potrebbe finire in mani pericolose. Wotan sa che bisogna recuperarlo, ma non può farlo direttamente (lui che lha dato in pagamento a Fafner) senza infrangere quelle norme su cui fonda il proprio potere. Coltiva dunque lillusione di generare una razza di eroi liberi, svincolati dalla legge, che rimettano a posto le cose nella direzione che a lui è preclusa. Nobile intento, ma contraddittorio, giacché è pur sempre lui, Wotan, che li ha creati e che ha preparato tutte le condizioni perché possano impunemente infrangere le leggi: cosa che la sua sposa Fricka, tutrice della legalità, può agevolmente rinfacciargli nel contraddittorio allinizio dellatto secondo di Walküre
Egli si vede obbligato a sacrificare il figlio Siegmund. Questo primo sacrificio, scatena la ribellione della valchiria Brünnhilde, (disobbedienza civile), anchessa generata da Wotan, e lo obbliga ad un secondo sacrificio, quello di punire e allontanare da sé la figlia amatissima. 
Il conflitto che oppone Fricka a Wotan, e Wotan a Brünnhilde, è quello fra legalità e giustizia.
A differenza degli altri segmenti del ciclo, non vi sono nella Walküre personaggi moralmente negativi: manca del tutto quellingrediente fondamentale del dramma romantico-borghese che è la meschinità (vilain), neppure Hunding è tale: anziché trucidare il nemico inerme, gli offre ospitalità per una notte sotto il proprio tetto.
Già Aristotele sottolineava come la tragedia, in quanto genere, avesse un carattere politico: i suoi protagonisti sono persone di altissima condizione e responsabilità sociale, le loro vicende hanno ricadute pubbliche, e lintreccio è spesso motivato da un dibattito sulle norme della vita collettiva. 
Nella concezione wagneriana, «politica» è una brutta parola: è il segno di un sistema di rapporti umani basato sulla frode e sulla separazione dellintelletto dallamore e dal sentimento. 

Galassia maschile e femminile

Dagli scritti zurighesi contemporanei alla gestazione della Tetralogia (Lopera darte dellavvenire, Opera e dramma, Una comunicazione ai miei amici), Wagner afferma lopposizione netta fra due galassie concettuali. Quella maschileinclude la razionalità, il finito, la brama di potere, la legge, la politica, il logos (calcolo), dunque (a livello estetico) la poesia, il dramma parlato, la tragedia. Il principio femminile privilegia lintuito, lindefinibile, la spontaneità, lamore; si esprime attraverso la musica. Wagner aspira ad una sorta di riunificazione androginadei due principi, è altrettanto chiaro che il primo polo gioca, nel suo pensiero, un ruolo negativo, il secondo un ruolo positivo e di redenzione

Dramma musicale e Leitmotive

Il principio costitutivo del Musikdrama è quello di riavvicinare lopera al dramma parlato, tramite la dissoluzione delle forme chiuse e simmetriche in un recitativo-arioso modellato sulla parola, mentre la dimensione musicale si concentra soprattutto nel flusso sinfonicoe nei Leitmotive che sono cellule brevi, ripetute, dislocate in progressione, combinate, per costituire un flusso musicale continuo. 
Oltre a ciò essi hanno un valore semantico: vengono associati a concetti, personaggi, oggetti, atteggiamenti. Si tratta però di una semantica complessa: 
da un lato vi sono affinità  fra motivi associati a referenti diversi,  dallaltro, il motivo associato ad un solo referente può tornare, in forma anche profondamente diversa, sino a sembrare un altromotivo. Per questa ragione un vero e proprio catalogo dei Leitmotive’ è difficile da stendere:  si potrebbe considerare ogni variante di rilievo come un motivo a sé o si potrebbe ricondurre lintero catalogo motivico ad una manciata di modelli di base.  Ciò che importa veramente è il significato drammaturgico delle strategie di trattamento. 
La ripetizione esatta o poco variata di un motivo servirà, a sottolineare il suo carattere di elemento fisso, naturale, di oggetto (si pensi a quello della spada); dallaltro a fondare il senso ciclico, basato sul ritorno del sempre uguale, e a suggerire un modo arcaico di raccontare (come nei poemi omerici ove certe espressioni si ripresentano periodicamente invariate). 
Viceversa, il gioco delle varianti rispetto ad una configurazione di base conferisce alla drammaturgia un carattere riflessivo e dialettico.

I leitmotiv di Wotan

Il più formidabile viluppo di motivi imparentati e differenziati dellintera Tetralogia è associato a Wotan. Wotan, non ha un motivo suo: gli elementi musicali che lo rappresentano sono varianti di quello della Lancia, simbolo del suo potere condizionato, oppure di quello del Walhall, segno del prestigio del potere (ironicamente, il dio acquisterà un motivo personale solo quando girerà il mondo nelle vesti del Viandante).

Esempi musicali, motivi della lancia.

Brünnhilde.
secondo Wagner, bisogna sovvertire radicalmente il sistema: sostituendo alla legge contrattuale quella del sentimento non condizionato, la legge dellamore. Questo non può che venire da una figura femminile, del tutto estranea al sistema di potere delluniverso maschile: questa figura è Brünnhilde, figlia di Wotan, che decide di disobbedire, e ottiene così di salvare leroe appena generato che matura nel grembo di Sieglinde.
La strategia di Wagner consiste nellutilizzare una materia letteraria di matrice nordica, accostata ai modelli drammaturgici della cultura classica (si pensi alla figura di Fricka: decise di attribuirle caratteri del tutto estranei alla dea della mitologia germanica, desumendoli dalla figura che ad essa corrisponde nellimmaginario classico, Hèra/Giunone, sposa gelosa di Zeus/Jupiter). Ora, non c’è dubbio che Brünnhilde sia una trasposizione nordica della figura che Wagner ammirava di più nella tradizione letteraria antica, quella di Antigone. 
Antigone.
Leroina sofoclea, nella lettura di Wagner, disobbedisce coscientemente alla legge dello stato e segue letica del sentimento dando sepoltura al fratello Polinice, ucciso nel corso della guerra civile: un atto che le costa la vita, ma il suo sacrificio ha come conseguenza la dissoluzione dellintero organismo politico tirannico, dello stato contrattuale. In Opera e dramma, vasto scritto teorico che accompagna la gestazione del ciclo del Ring, Wagner si sofferma a lungo su questo testo del teatro antico:
Antigone non capiva nulla di politica: ella amava. Amava Polinice perché era suo fratello? No, lo amava perché egli era infelice e solo la suprema forza damore poteva redimerlo dalla sua maledizione. 
Al suo apparire (inizio dellatto secondo) Brünnhilde non ha un profilo musicale autonomo: la sentiamo intonare il generico grido di guerra delle valchirie, disumanizzato dallinnalzamento cromatico della quinta.
La sua vera presa di coscienza, avviene a contatto con lumanità di coloro che, nellatto primo, hanno osato infrangere tutte le norme sociali per darsi alla pienezza dellamore: Siegmund e Sieglinde. La grande scena dellannuncio di morte non è solo una delle più alte e commoventi del teatro musicale di tutti i tempi: è il rovesciamento decisivo della situazione. Linviata del dio viene a Siegmund per annunciargli che morrà in battaglia. Brünhilde decide (pur conscia di ciò che potrebbe costarle) di passare alla disobbedienza civile. Straordinaria parafrasi alla rovescia dellAnnunciazione: ove lessere umano dà testimonianza del vero, e langelo apprende. 
Esempi musicali Brünnhilde

Wagner Teorico e Pensatore.

la scena fra Brünnhilde e Siegmund rappresenta una svolta nella vicenda, questa si prepara e si compie grazie a due importanti avvenimenti: il compimento dellattrazione erotica fra i gemelli nellatto primo (affermazione dellamore sulle regole sociali) e il consentimento di Wotan a circondare Brünnhilde con un cerchio di fiamme (grazie al quale la punizione, pur restando formalmente tale, diviene promessa di ununione con leroe senza paura: in fondo, una trasgressione alle regole anche da parte di Wotan, che, a partire da questo momento, rinuncerà ad agire e si limiterà a seguire il corso degli eventi). 
Questi due nodi coincidono con due momenti fra i più intensi musicalmente, e al tempo stesso fra i più inconsueti stilisticamente, dellintera Tetralogia: il canto damore primaverile di Siegmund «Winterstürme wichen dem Wonnemond» e laddio di Wotan «Der Augen leucht- endes Paar», due arieche contano fra i momenti più celebri dellarte di Wagner (e anche fra i più eseguiti e incisi sotto forma di estratti da concerto). L'autonomia di questi blocchi rispetto al flusso sinfonico circostante, caratterizzato dallintreccio dei motivi. 
In questi momenti, la macchina concettuale del Musikdrama si arresta per lasciare spazio ad un ritorno allestetica dellopera italo-francese di conio tradizionale. 
la concezione di Wagner contempla una dicotomia fra galassia maschile(politica, raziocinio, logos, dunque: dramma parlato e tragedia) e femminile (intuito, espressione dellindefinibile, natura, amore: musica).
Wagner teorico dellopera spingeva per orientare il teatro musicale verso il polo della tragedia, del logos e della precisione concettuale: ma questo stesso logos è, lespressione di quel principio maschileche Wagner pensatore voleva veder superato in favore della musica, del sentimento. 
Il che finisce per generare una sorta di paradosso: Wagner teorico e storicodel teatro, che tanto si è sforzato per riavvicinare lopera alla tragedia, è costretto infine a trattare questultima come se aspirasse a liberarsi dal suo carattere razionale, la dimensione logica, semantica e concettuale del Musikdrama, e dunque tutto ciò che lo avvicina alla tragedia, va benissimo finché si tratta di descrivere le contraddizioni e lo stato degenerato della società contrattuale. Quando però si deve far balenare un mondo dellutopia, del sentimento e dellamore, allora bisogna pur tornare alla musica «assoluta», al modello operistico. Cosa che Wagner (ammiratore appassionato e quasi discepolo dichiarato, della melodia belliniana) alloccorrenza sa fare benissimo.
Limpianto della Walküre, alla fin fine, si fonda su questa tensione: perfetta ed ineguagliata tragedia in musica, essa lascia aperti degli spiragli di redenzione (senza i quali il seguito del ciclo non sarebbe concepibile!) ammiccando proprio a quel genere dellopera da cui il suo autore affermava di aver preso le distanze.


Arne Stollberg
La «semeiotica sonora» dei gesti. Linguaggio del corpo e forma musicale in Die Walküre di Wagner

Per Nietzsche in Wagner c’è, in principio lallucinazione: non di suoni, ma di gesti. Per questi cerca innanzitutto la semeiotica sonora. Dietro questa dichiarazione si nasconde unaccusa a Wagner di essere stato più attore che compositore, e di aver tradito la dignità della musica consegnandola al teatro.
Adorno imputava a Wagner lassente «logica musicale, sostituita da una sorta di gesticolare», anche Nietzsche vedeva nel dramma musicale una regressione rispetto alle conquiste sin lì attuate nellambito dellarte compositiva. Mentre in precedenza la musica poteva creare la sua forma a partire da leggi proprie e produrre opere autonome, essa si sarebbe ora degradata a esprimere semplicemente «un rafforzamento del pathos mimico.
Non riesce difficile documentare nella musica di Wagner uno stampo fortemente gestuale, il compositore stesso elegge il sincronismo tra rappresentazione mimica e accento ritmico-musicale a principio fondamentale della messa in scena delle proprie opere.
Il monologo dellOlandese sulla terraferma e il suo andamento barcollante  venne riprodotto musicalmente dalla figurazione ondeggiante di violoncelli e viole.
In occasione dellallestimento del Ring des Nibelungen a Bayreuth nel 1876 indicò egli stesso che a ogni frase musicale dellorchestra dovesse «corrispondere, unazione sulla scena». Così nel Rheingold il motivo dentrata dei due giganti, venne tradotto a livello gestuale facendo sì che gli interpreti, «sui loro trampoli», calcassero il passo «sul primo e terzo quarto» di ogni battuta: pratica che oggi è chiamata mickey mousing (nel gergo della musica da film) e riservata piuttosto allambito della farsa, allepoca procurò un effetto buffo, alcuni testimoni dissero: Wagner esige cose estremamente comiche, che sconcertano addirittura gli interpreti. Pretende ad esempio che i due giganti debbano fare la loro entrata sopra i rialzi montuosi mantenendo unandatura singolare. Li presenta in maniera così stranamente comica.
Il momento gestuale rivestiva in Wagner unimportanza tale da ripercuotersi sulla struttura compositiva in modo così determinante da rendere impossibile contraddire la diagnosi nietzschiana.
Non ci si deve chiedere, perciò, se la sua musica si lasci effettivamente descrivere come semeiotica sonoradei gesti, bensì se vi si debba essere  un giudizio estetico negativo, come quelli formulati da Nietzsche e Adorno

Condizione malata del linguaggio.

Fu proprio Friedrich Nietzsche a individuare per la prima volta limportanza del rapporto del compositore con il gesto, nella quarta delle sue Considerazioni inattuali, intitolata Richard Wagner a Bayreuth. 
Nel fenomeno di decadenza della civiltà moderna  rientra la condizione malatadel linguaggio: il linguaggio ha dovuto percorrere tutta la scala delle sue possibilità, per abbracciare il regno del pensiero, cioè lesatto opposto del sentimento.
Di conseguenza, parole e concetti sarebbero certo in grado di garantire unin- tesa, però non assicurerebbero alcun «concordare nel sentimento». E questa «estraniazione fra uomo e uomo» non riguarderebbe solo lambito linguistico, al contrario si sarebbe estesa a ogni sfera dellesistenza, cosicché «il manifestarsi delluomo moderno è diventato in tutto e per tutto parvenza»

Mondo visivo e mondo uditivo, essere esteriore e interiore

Nietzsche associa lirrigidimento della vita moderna con il concetto di « mondo visivo», mentre designa la musica di Wagner come «mondo uditivo» poiché farebbe risuonare il sentimento. 
Si legge nellOpera darte dellavvenire (1849):
Luomo è un essere esteriore e interiore insieme. I sensi ai quali egli si presenta come oggetto artistico sono la vista e ludito. La vista coglie luomo esteriore, ludito luomo interiore. Ma luomo interiore è colto solo dallorecchio, al quale si manifesta mediante il tono di voce. Il tono di voce è infatti lespressione immediata del sentimento. Il dolore e la gioia delluomo si comunicano direttamente, tramite la voce. La facoltà despressione mediante la vista si trova dinnanzi un limite che non consente di esprimere e di comunicare i sentimenti del cuore, il tono variato della voce comunica chiaramente quei sentimenti alludito, che, a sua volta, li trasmette al cuore.
Wagner ricapitola qui il concetto centrale dellestetica musicale dei sentimenti nel modo in cui alla fine del Settecento era stato formulato sulla scorta della «psicologia associativa», il concetto cioè secondo il quale la natura stando alla definizione data da Johann Georg Sulzeravrebbe «istituito un collegamento diretto tra udito e cuore.

Ritmo

Una simile interiorità evocatrice non è ancora musica, ma solo suono inarticolato. Qualcosaltro deve sopraggiungere per conferire una forma melodica al susseguirsi delle note: il ritmo. E proprio a questo punto Wagner chiama in gioco l’«uomo esteriore», perché il ritmo per lui non è un fenomeno autenticamente acustico, in nessun caso un fenomeno autenticamente musicale; al contrario deriva, in quanto elemento visibile, dal movimento di corpi.
Latteggiarsi delluomo, che nella danza cerca di farsi comprendere con movimenti espressivi, pare essere per la musica ciò che i corpi sono per la luce, la quale non risplenderebbe se non si rifrangesse su di loro; e così possiamo dire che senza il ritmo non potremmo percepire la musica.
Le movenze della danza sono divenute ritmo, come necessaria «incarnazione» del suono, Wagner parla di «melodia infinita», la sua peculiarità è il superamento della «quadratura di una fraseologia tradizionale» cioè dellarticolazione del melos in unità simmetriche di 2+2, 4+4 o 8+8 battute.
Danza
secondo Wagner, la settima sinfonia di Beethoven rappresenterebbe l’«apoteosi della danza. I primordi della musica strumentale, potrebbero venire ricondotti a facili melodie di danza. Fu Theodor Uhlig, amico di Wagner, a sviluppare il pensiero in base al quale, nellambito della formazione dei temi, la simmetria in Haydn, Mozart e Beethoven, era conforme alla regolarità dei movimenti del ballerino, fondata sullandatura bipede delluomo, la musica avrebbe formato in maniera del tutto automatica «ritmi originari di due, quattro e otto battute» 
Wagner riprende questa riflessione per estenderla alla sfera politica. 
Il ballabile, con la sua costruzione simmetrica delle frasi, era allinizio un principio prestabilito dalla natura, quindi si irrigidì gradualmente in una vuota convenzione in cui lessenza individuale delluomo venne portata a scomparire. Così il periodo di otto battute perse linnocenza e degenerò in emblema musicale della società aristocratica, abbandonando tutta lautenticità del sentimento, un processo dimostrato da Wagner sulla scorta delle sinfonie di Mozart. Qui le melodie di danza, riconvertitesi in temi, si avvicendano con insignificanti passaggi di sutura, i motivi strettamente circoscritti terminavano immancabilmente con una cadenza, per trasformarsi in formule.

Culto del Sentimentalismo (simmetrie e asimmetrie)

Lassociazione tra la simmetria formale della musica di Mozart e il sistema aristocratico, contrassegnato dalla «geometrizzazione» di tutti gli aspetti della vita, risale a un pensiero che alla fine del Settecento accompagnò lemancipazione della borghesia.
In particolare, le riserve contro la maniera di presentarsi dellaristocrazia di corte, artificiosa e innaturale, fecero nascere il culto del sentimentalismo in cui si espresse il desiderio di unaperta comunicazione tra uomo e uomo, non offuscata da alcuna finzione o calcolo. 
Quanto più la manifestazione di un sentimento era spontanea e involontaria, tanto più attendibile risultava la franchezza da parte di chi cercava di confidarsi per suo tramite, al contrario, ogni formalizzazione mediante simmetria o proporzioni armoniose è sospetta di sottrarre alla rappresentazione artistica la forza delleffetto.
Nel campo della danza e dellarte drammatica venne così attuato un mutamento, per cui lideale di unespressione naturaledegli affetti si sostituì  allo stile rappresentativo artificioso del teatro barocco.
Tema del malcontento divino.
Quando Wotan, durante il dialogo con Fricka, raggiunge sempre più la convinzione che lideale di un «eroe libero» è fondato su un abbaglio, e capisce di essersi invischiato nelle contraddizioni che la sua sposa gli ha potuto porre davanti agli occhi con troppa facilità, risuona dapprima ai fagotti e al clarinetto basso «il tema del malcontento divino» articolato in quattro battute e volto a mettere in musica il « fremito represso» di Wotan, dove i gesti sono chiaramente iscritti nel decorso melodico.
Preludio.
la struttura stessa della tempesta, che non ci presenta una natura selvaggia: è, una natura visibilmente addomesticata. La forma del preludio è un meccanismo di precisione, fatto di proporzioni calibrate, di unelaborazione motivica incessante, di incastri millimetrici e di un ferreo piano tonale centrato su Re minore; e, dietro questo furore geometrico, intravediamo la mano del suo artefice: Wotan. 
Il dio è il suscitatore e il padrone, della tempesta. Gli elementi ruotano tutti attorno ad un obiettivo: forgiare ed equipaggiare «leroe giusto», dotato di «forza autonoma. Un eroe «indipendente dagli stessi dèi» in grado cioè di agire «per libera volontà che sappia, contando solo sulle sue forze, «sciogliere lincantesimo» nefasto dellanello, e affrontare poi «lespiazione con la morte.



sabato 30 maggio 2009

Beethoven symphony 9


Symphony with Final Chorus on Schiller's "Ode to Joy"

Ludwig van Beethoven

The above is the original title bestowed by Beethoven himself on the release of his monumental piece, Symphony No. 9 in D Minor, Opus 125. Chronologically, the completion of the piece in 1824 places the work in Beethoven's third period, his most contemplative one. However, this is misleading since the symphony was the result of three separate ideas by Beethoven (the first dating back as early as 1793, and another one as late as 1823), finally converging into one complete work. In other words, we can find elements of style from his earlier periods juxtaposed against elements from his late period of composition. The integration of Schiller's Ode to Joy in itself marks a bold transition towards Romantic Music. The emotion conveyed in this piece could only come from Beethoven and still succeeds in communicating with audiences of today – a fifteen minute standing ovation to a recent performance of the symphony that I attended said it all.

The writing of Symphony No. 9 was quite long-winded. As mentioned earlier, assuming that this symphony came entirely from Beethoven's third period is misleading; similarly, referring to the symphony as the Chorale symphony is equally misleading because it distorts Beethoven's true intentions of the piece. In actuality, Symphony No. 9 was not meant to include a vocal movement; he had worked out a completely instrumental fourth movement, but threw it out and it later became the finale for the Opus 132 String Quartet in A Minor (1826). We know that this piece was many years in the making because of his sketches; he sketched constantly, and took them whenever he moved, which was quite often. These sketches, like an artist's doodles, often became themes of later works.

The earliest conceived idea of Symphony 9 was the idea to set Schiller's Ode to Joy to music. This idea emerged as early as 1793. He had always admired Schiller, and some of his piano sonatas of the first period were possibly based on some of Schiller's essays (e.g. the Pathètique Sonata in C Minor, Opus 13, 1799). One of his sketchbooks from 1811 shows that Ode to Joy would become a cantata, rather than become integrated within an orchestral work. On the other hand, Beethoven had plans to write a ninth and a tenth symphony. The ninth symphony would be completely instrumental, while the tenth would introduce the voice into the symphony. In 1822, he visited a prominent Leipzig music critic, whom he told that in the tenth symphony: "vocal parts would enter gradually – in the text of the Adagio Greek Myth, Cantique Ecclesiastique – in Allegro, feast of Bachus." (from Thayer's Life of Beethoven by Alexander Thayer, Plantiga). Yet another idea Beethoven had was to introduce the voice into the symphony – his plans for the tenth symphony – since he had exhausted the expressive resources of instrumentation, and introducing the voice seemed to be the only way to transcend the restrictive forces of instrumentation.

Between the years of 1818-1819, and 1822-23, Beethoven worked on the first three movements of Opus 125, making use of the material from his sketchbooks. At this point, Symphony 9 did not include plans to include Schiller's Ode to Joy, let alone voices.

In 1822, he actually sold the rights of the symphony to the London Philharmonic Society; but he never completed the promised completely instrumental symphony. It was not until the middle of 1823 when the idea of incorporating these three ideas: setting Ode to Joy to music, incorporating voice into the symphony, and writing an instrumental ninth symphony, finally coalesced into one work. But even at this point, the composer was "still sorely troubled" (Plantiga, 64) on how to introduce the voice into the finale convincingly when the singers had sat quiet upon stage during the first three movements:

The working out of the fourth movement, however, began as a struggle seldom encountered before. The problem was to find a suitable introduction to Schiller's Ode.

One day he burst into the room and shouted at me: 'I got it! I have it!' He held his sketchbook out to me so that I could read: "Let us sing the song of the immortal Schiller"; then a solo voice began the hymn of joy.
Schindler in October 1823 (Plantiga, 64)

Even with this new found idea (although it obviously changed a bit), it still was another year until the transition of instruments to voice finalized. He found it difficult to suddenly introduce a chorus of voices after a long instrumental symphony; it was simply incongruous. His final conclusion on this difficulty reflects on the aesthetic struggle he encountered while writing the fourth movement; this movement is quite unusual in its structure. In brief, the movement begins with an outraged, tumultuous, flurry of sound; then a restatement of the prior three movements, each interrupted and rejected by instrumental recitative. Finally, a new theme, initially hesitantly advanced by the orchestra, is slowly accepted, ending in a triumphant statement of the new theme in D Major. Then the previous instrumental recitative transforms into real recitative, with a solo baritone singing: O friends, not these tones; instead let us sing more pleasing and joyful ones. Berlioz calls this the "treaty of alliance between chorus and orchestra." (Plantiga, 65) Then the more joyful tones are the first lines of the poem. Beethoven chose to emphasize two ideals: the universal brotherhood of man through joy, and the love of the heavenly father. Throughout the fourth movement, there is a general trend from the terrestrial to the divine.

Beethoven's move to utilize the human voice elicited numerous comments and thoughts from other musicians:

Berlioz: Beethoven had already written eight symphonies before this. What means were open to him, in the event of his proposing to go beyond the point at which he had already arrived, by the unaided resources of instrumentation? The junction of vocal with instrumental forces.
Wagner: It is wonderful how the master makes the arrival of Man's voice and tongue a positive necessity, by this awe-inspiring recitative in the bass-strings. (Plantiga, 68)

In order to fully appreciate the all encompassing nature of this piece, we must look into the three periods of Beethoven's compositional career; since the work is a collaboration between these styles. His idea to use Ode to Joy came from his desire to set it to music, which developed during his first period, when he was very interested in the writings of various philosophers. The first and second movements, and even parts of the fourth movement have echoes of his second period, his "heroic" era. The third, fifth, and seventh symphonies were composed during this period. The third symphony, Eroica, embraced the heroic ideals of the French Revolution. The great difference between this powerful era and his third period was quite dramatic. The sudden change in style was mainly due to his deteriorating hearing loss, which directly caused his compositions to lose the power of his second period. All these factors contributed to the new Beethoven: a more quite, abstract, and introspective Beethoven. Joseph Kerman describes music of this period as "miraculous, encompassing all the strength of his earlier music together with a new gentleness and spirituality." (Kerman, 215)

Essentially, only the third movement truly encompasses the stylistic nuances of Beethoven's third period. This third movement, an adagio, "soars effortlessly, constantly renewed by the veiled cadences and an overlapping of instrumentation; .. a supreme example of the composer's late contemplative style, and one of the finest melodies he ever wrote." (Plantiga, 68)

The musical achievements of this piece are also quite outstanding. The symphony beginsaborigine, beginning as if it had always existed from birth (Pestelli, 250). The rustling pianissimo on A and E rapidly crescendo to a powerful theme, with a falling arpeggio in D Minor. The opening of the movement was written in 1816. David Wright, who wrote the program notes to the 23 November 1996 performance of the symphony at Carnegie Hall, says that "you feel something stirring up in the pianissimo, but the enigmatic sound of open fifths, neither major, nor minor, cannot tell us whether to welcome it or fear it." (Stagebill, 20) These falling fifths eventually swell into a "menacing" fortissimo theme in D Minor. This movement is far off from classical sonata form, and is important because it shows the transition between the Classic and Romantic periods of music. Towards the end, a haunting theme played by the bass emerges, a "kind of funeral march built over a grinding, chromatic ostinato." (Cooke, 30) This ostinato (a term usually used to describe baroque music), is at first played by just the bass, then spreads upwards, eventually taking over the orchestra.

A parody of the first movement, the second movement, an engaging scherzo does not take its time to emerge. It communicates its energy through the use of staggered rhythm, staccato, and timpani accompaniment. On a technical note, the scherzo opens with a falling fifth (just like the first movement), then transforms into a legato, then plunges a full octave. The scherzo runs along interrupted until it is interrupted by brief slow interludes by the strings; the scherzo manages to overpower them initially, but then a trio takes over. The trio offers a relief, with a change in timbre. It consists of variations on a folk-like tune. Then the scherzo enters with a grand re-entrance. What sounds like a repetition of the trio is quickly stampeded by the scherzo and timpani, ending the movement quite abruptly.

The adagio movement is a striking contrast to the energetic scherzo and trio. Kanne said that the third movement was "a most profound song, full of warmth, and flowing in heavenly melancholy." (Cooke, 32). Dominated by the winds, the melody of the third movement in B Flat Major is truly the product of Beethoven's third period. Echoes of the first movement can be heard here. As the melody becomes freer, the strings softly accompany using pizzicato, setting up an almost ethereal aura. The melody progresses even more, increasing in volume, and when it seems that it is coming to a close, a loud fanfare intrudes in E Flat Major, the key of Eroica.

And another dramatic transition happens between the third and final movement. Beginning with a outraged flurry of instruments (dissonant too). Immediately, the cellos and basses play dramatic recitative, hinting at some sort of "rapprochement between the instrumental and vocal music." (Plantiga, 65) Then, in succession, themes from the three prior movements are played, but are quickly interrupted and rejected by the recitatives of the basses and cellos. Finally, a new theme emerges from the orchestra, now hesitant because of what happened previously. It is accepted, however, but not without a minor protest from the basses and cellos. Eventually other instruments join in, which lead to a triumphant statement of the theme in D Major. When all seems dandy, however, Beethoven replays the original confrontation from the opening of the finale. This time, though, the dramatic recitative of the cello and basses is replaced with real recitative – the human voice; in this case, a solo baritone voice. Then the exquisite choral-orchestral exposition on Schiller's Ode to Joy engages in four stanzas. A variation, also known as the Turkish March variation, is indeed a Turkish March, taking its lead from the words Lauftet, Bruder, eure Bahn, Freudig wie ein Held zum Siegman, translating to Hasten, Brothers, like a hero marching to victory (there are several different, but similar translations). This march then leads to a long orchestral interlude, then to a fugue on two themes. This leads to a an overpowering full orchestral-choral development. A display of the male and female choruses is sung in an almost meditative, prayer-like way, starting from Seid umschlungen Millionen!, or Be embraced, all ye Millions! As for the ending, I think David Wright puts it the right way: "… [it] ponders the mystery and beauty of divine grace. Then everybody goes all-out to the joyous and thrilling close." (Stagebill, 20A).

We've examined, so far, the history and musical features of the symphony. The premiere of Symphony No. 9 was performed in Vienna, 7 May 1824. Perhaps this excerpt best describes how the audience received the piece:

His turning around, and the sudden conviction thereby forced on everybody that he had not so before because he could not hear what was going on, acted like an electric shock on all present, and a volcanic explosion of sympathy and admiration.
English writer George Grove
after meeting with Karoline Ungher,
one of the soloists at the premiere

And over 200 years later, similar reviews can be had from concert goers, including myself. Honestly, I have been waiting months for any orchestra to perform Symphony No. 9, and then I discovered that it was going to be performed at Carnegie Hall on November 23. The excitement of the audience about the piece filled the air as I entered the hall. It was much easier to hear the opening of the symphony, the rustling pianissimo that I mentioned earlier. I could hear every minor detail of Beethoven's orchestration, which is something that is lost in recordings, in my opinion. It was strange how the chorus and soloists sat in the back, quiet, the entire first three movements. When they all stood up right before singing in the fourth movement, there was a definite energy in the air – the anticipation of the audience to hear the sacred half of the fourth movement. There really is no word to describe how the chorus and soloists performed. Perhaps magical? The experience of hearing it live as opposed to a CD was overwhelmingly superior. As the final bars of the symphony were being played, I wished I could have relived that spent hour again.

Anyone can appreciate Beethoven's Ninth Symphony for its simple, yet complex aesthetic beauty. Upon understanding what went on behind the writing of the piece and by investigating its history does one gain a much greater and deeper understanding of the music.

Copyright © Bonnie Koo, 1997.