SINTESI TRATTA DAL PROGRAMMA DI SALA a cura di Emidio Di Maio
Luca Zoppelli
Antigone nel Walhall: Die Walküre. Drammaturgia tragica, disobbedienza civile e utopia dell’opera.
Fra gli obiettivi della poetica romantica c’era quello di radere al suolo l’intero sistema dei generi ereditati dalla tradizione. In certi casi si andò effettivamente verso una sorta di tabula rasa su cui lasciar fiorire l’arte nuova, più spesso si trattò di una riorganizzazione ma non tale da cancellare i lineamenti del paesaggio preesistente.
Nel frammento 116 dell’«Athenaeum», Friedrich Schlegel aveva invocato una «poesia universale progressiva» il cui scopo sarebbe stato quello di «unificare tutti i generi separati» Der Ring des Nibelungen appare come una delle massime realizzazioni di quel sogno.
4 Modelli diversi
I quattro drammi del Ring sono concepiti a partire da diversi modelli di genere letterario. Das Rheingold presenta i tratti di un mito, di una narrazione atta a spiegare gli eventi originari che hanno conferito al mondo la sua configurazione, Die Walküre si fonda sulle teorie idealistiche del tragico; Siegfried è organizzato invece come una fiaba. Infine la Götterdämmerung – concepita per prima, e intesa all’inizio come dramma autonomo – ha tutti i tratti dell’opera ‘seria’ del primo Ottocento, di un dramma a scioglimento funesto ove l’eroe soccombe all’intrigo ordito da un antagonista negativo. Questi quattro modelli generano altrettanti tipi di drammaturgia, e di conseguenza differenti strategie per quanto riguarda le funzioni della musica nel dramma stesso.
Tragedia e tragico
Affermare che Die Walküre è una tragedia potrebbe apparire banale, se non fosse necessario ricollocare questo termine. La grandiosa opera di riflessione svolta dai protagonisti dell’idealismo tedesco, come i fratelli Schlegel, Schiller e Hegel, aveva definito l’essenza del tragico a partire dai modelli classici,: il tragico è distinto dal semplice ‘funesto’ che caratterizza il dramma borghese (Saggio sul tragico di Peter Szondi). Secondo questa concezione, non è tragica la rappresentazione di un conflitto fra avversari e del suo scioglimento funesto o ingiusto, dovuto ad uno squilibrio di potere: l’eroe nobile, innocente e perseguitato, deriva dal modello del dramma borghese, con i potenti perfidi, e gli innocenti oppressi, e non può essere definito ‘tragico’. Tragica è invece la situazione che vede i protagonisti avviluppati in un groviglio d’istanze morali contrapposte, tutte in qualche modo valide, ma inconciliabili; tragica è la situazione in cui il personaggio affonda in una crisi inestricabile a causa delle proprie contraddizioni, ed ogni mossa da lui tentata per uscirne non fa in realtà che radicalizzare la crisi (ironia tragica). La libera accettazione, da parte dell’eroe, dell’annientamento che ne consegue sono, secondo Schiller, la vera fonte della purificazione morale che il tragico emana.
Classicismo in Wagner
Gli scritti giovanili su Norma, (una delle rare opere dell’età romantica a fondarsi su una concezione classicistica del tragico), dimostrano l'attenzione di Wagner verso alcuni principi drammaturgici della tradizione classicistica: classica è infatti la struttura del Ring, un prologo e tre giornate; classico è l’attenersi, ad una certa unità di tempo e luogo all’interno dei singoli drammi e soprattutto degli atti. Classico infine è l’intrigo del ciclo dal punto di vista di quello che è forse il personaggio principale: il dio Wotan.
Wotan
Per dirla con Nietzsche:
Nel Ring des Nibelungen l’eroe tragico è un dio il cui animo è assetato di potenza, e che, percorrendo tutte le vie per ottenerla, si lega con patti, perde la sua libertà e viene implicato nella maledizione che pesa sulla potenza. Finalmente egli è preso dalla nausea per la potenza, che porta in se il male e la schiavitù, la sua volontà si spezza, egli stesso desidera la fine. E solo ora accade ciò che prima aveva tanto desiderato: appare l’uomo libero e senza paura.
La concezione tragica del personaggio di Wotan, è del tutto evidente. Nell’antefatto mitico (che ci vien solamente raccontato), il dio ha divelto un ramo dal «frassino del mondo» per farne la lancia su cui fonda la propria potenza (egli la usa, per infrangere la spada magica di Siegmund, ma anche per evocare Loge, dio del fuoco, affinché circondi di fiamme la rupe). Una potenza condizionata, giacché sulla lancia sono incise le «rune» (le leggi, i patti) che regolano il mondo: Wotan ne è divenuto signore, ma a condizione di farsi garante e difensore dei patti.
Wotan ha creato una società contrattuale, uno stato nel senso politico del termine, su cui esercita sì un potere, ma nei limiti del sistema contrattuale. Cedendo alla tentazione di assolutizzare il proprio potere, si è fatto costruire la rocca che ne costituisce l’emblema, ed ha promesso in cambio qualcosa che non potrebbe dare (Freia, dea dell’amore e garante dell’immortalità degli dei); poi baratta il compenso promesso con un altro (l’anello), sottratto con la frode ad Alberich. L’anello custodito sotto la pancia del drago (ex gigante) Fafner potrebbe finire in mani pericolose. Wotan sa che bisogna recuperarlo, ma non può farlo direttamente (lui che l’ha dato in pagamento a Fafner) senza infrangere quelle norme su cui fonda il proprio potere. Coltiva dunque l’illusione di generare una razza di eroi ‘liberi’, svincolati dalla legge, che rimettano a posto le cose nella direzione che a lui è preclusa. Nobile intento, ma contraddittorio, giacché è pur sempre lui, Wotan, che li ha creati e che ha preparato tutte le condizioni perché possano impunemente infrangere le leggi: cosa che la sua sposa Fricka, tutrice della legalità, può agevolmente rinfacciargli nel contraddittorio all’inizio dell’atto secondo di Walküre.
Egli si vede obbligato a sacrificare il figlio Siegmund. Questo primo sacrificio, scatena la ribellione della valchiria Brünnhilde, (disobbedienza civile), anch’essa generata da Wotan, e lo obbliga ad un secondo sacrificio, quello di punire e allontanare da sé la figlia amatissima.
Il conflitto che oppone Fricka a Wotan, e Wotan a Brünnhilde, è quello fra legalità e giustizia.
A differenza degli altri segmenti del ciclo, non vi sono nella Walküre personaggi moralmente negativi: manca del tutto quell’ingrediente fondamentale del dramma romantico-borghese che è la meschinità (vilain), neppure Hunding è tale: anziché trucidare il nemico inerme, gli offre ospitalità per una notte sotto il proprio tetto.
Già Aristotele sottolineava come la tragedia, in quanto genere, avesse un carattere politico: i suoi protagonisti sono persone di altissima condizione e responsabilità sociale, le loro vicende hanno ricadute ‘pubbliche’, e l’intreccio è spesso motivato da un dibattito sulle norme della vita collettiva.
Nella concezione wagneriana, «politica» è una brutta parola: è il segno di un sistema di rapporti umani basato sulla frode e sulla separazione dell’intelletto dall’amore e dal sentimento.
Galassia maschile e femminile
Dagli scritti zurighesi contemporanei alla gestazione della Tetralogia (L’opera d’arte dell’avvenire, Opera e dramma, Una comunicazione ai miei amici), Wagner afferma l’opposizione netta fra due galassie concettuali. Quella ‘maschile’ include la razionalità, il finito, la brama di potere, la legge, la politica, il logos (calcolo), dunque (a livello estetico) la poesia, il dramma parlato, la tragedia. Il principio femminile privilegia l’intuito, l’indefinibile, la spontaneità, l’amore; si esprime attraverso la musica. Wagner aspira ad una sorta di riunificazione ‘androgina’ dei due principi, è altrettanto chiaro che il primo polo gioca, nel suo pensiero, un ruolo negativo, il secondo un ruolo positivo e di ‘redenzione’.
Dramma musicale e Leitmotive
Il principio costitutivo del Musikdrama è quello di riavvicinare l’opera al dramma parlato, tramite la dissoluzione delle forme chiuse e simmetriche in un recitativo-arioso modellato sulla parola, mentre la dimensione musicale si concentra soprattutto nel flusso ‘sinfonico’ e nei Leitmotive che sono cellule brevi, ripetute, dislocate in progressione, combinate, per costituire un flusso musicale continuo.
Oltre a ciò essi hanno un valore semantico: vengono associati a concetti, personaggi, oggetti, atteggiamenti. Si tratta però di una semantica complessa:
da un lato vi sono affinità fra motivi associati a referenti diversi, dall’altro, il motivo associato ad un solo referente può tornare, in forma anche profondamente diversa, sino a sembrare un ‘altro’ motivo. Per questa ragione un vero e proprio ‘catalogo dei Leitmotive’ è difficile da stendere: si potrebbe considerare ogni variante di rilievo come un motivo a sé o si potrebbe ricondurre l’intero catalogo motivico ad una manciata di modelli di base. Ciò che importa veramente è il significato drammaturgico delle strategie di trattamento.
La ripetizione esatta o poco variata di un motivo servirà, a sottolineare il suo carattere di elemento ‘fisso’, naturale, di ‘oggetto’ (si pensi a quello della spada); dall’altro a fondare il senso ciclico, basato sul ritorno del sempre uguale, e a suggerire un modo arcaico di raccontare (come nei poemi omerici ove certe espressioni si ripresentano periodicamente invariate).
Viceversa, il gioco delle varianti rispetto ad una configurazione di base conferisce alla drammaturgia un carattere riflessivo e dialettico.
I leitmotiv di Wotan
Il più formidabile viluppo di motivi imparentati e differenziati dell’intera Tetralogia è associato a Wotan. Wotan, non ha un motivo ‘suo’: gli elementi musicali che lo rappresentano sono varianti di quello della Lancia, simbolo del suo potere condizionato, oppure di quello del Walhall, segno del prestigio del potere (ironicamente, il dio acquisterà un motivo ‘personale’ solo quando girerà il mondo nelle vesti del Viandante).
Esempi musicali, motivi della lancia.
Brünnhilde.
secondo Wagner, bisogna sovvertire radicalmente il sistema: sostituendo alla legge contrattuale quella del sentimento non condizionato, la legge dell’amore. Questo non può che venire da una figura femminile, del tutto estranea al sistema di potere dell’universo maschile: questa figura è Brünnhilde, figlia di Wotan, che decide di disobbedire, e ottiene così di salvare l’eroe appena generato che matura nel grembo di Sieglinde.
La strategia di Wagner consiste nell’utilizzare una materia letteraria di matrice nordica, accostata ai modelli drammaturgici della cultura classica (si pensi alla figura di Fricka: decise di attribuirle caratteri del tutto estranei alla dea della mitologia germanica, desumendoli dalla figura che ad essa corrisponde nell’immaginario classico, Hèra/Giunone, sposa gelosa di Zeus/Jupiter). Ora, non c’è dubbio che Brünnhilde sia una trasposizione nordica della figura che Wagner ammirava di più nella tradizione letteraria antica, quella di Antigone.
Antigone.
L’eroina sofoclea, nella lettura di Wagner, disobbedisce coscientemente alla legge dello stato e segue l’etica del sentimento dando sepoltura al fratello Polinice, ucciso nel corso della guerra civile: un atto che le costa la vita, ma il suo sacrificio ha come conseguenza la dissoluzione dell’intero organismo politico tirannico, dello stato contrattuale. In Opera e dramma, vasto scritto teorico che accompagna la gestazione del ciclo del Ring, Wagner si sofferma a lungo su questo testo del teatro antico:
Antigone non capiva nulla di politica: ella amava. Amava Polinice perché era suo fratello? No, lo amava perché egli era infelice e solo la suprema forza d’amore poteva redimerlo dalla sua maledizione.
Al suo apparire (inizio dell’atto secondo) Brünnhilde non ha un profilo musicale autonomo: la sentiamo intonare il generico grido di guerra delle valchirie, disumanizzato dall’innalzamento cromatico della quinta.
La sua vera presa di coscienza, avviene a contatto con l’umanità di coloro che, nell’atto primo, hanno osato infrangere tutte le norme sociali per darsi alla pienezza dell’amore: Siegmund e Sieglinde. La grande scena dell’annuncio di morte non è solo una delle più alte e commoventi del teatro musicale di tutti i tempi: è il rovesciamento decisivo della situazione. L’inviata del dio viene a Siegmund per annunciargli che morrà in battaglia. Brünhilde decide (pur conscia di ciò che potrebbe costarle) di passare alla disobbedienza civile. Straordinaria parafrasi alla rovescia dell’Annunciazione: ove l’essere umano dà testimonianza del vero, e l’angelo apprende.
Esempi musicali Brünnhilde
Wagner Teorico e Pensatore.
la scena fra Brünnhilde e Siegmund rappresenta una svolta nella vicenda, questa si prepara e si compie grazie a due importanti avvenimenti: il compimento dell’attrazione erotica fra i gemelli nell’atto primo (affermazione dell’amore sulle regole sociali) e il consentimento di Wotan a circondare Brünnhilde con un cerchio di fiamme (grazie al quale la punizione, pur restando formalmente tale, diviene promessa di un’unione con l’eroe senza paura: in fondo, una trasgressione alle regole anche da parte di Wotan, che, a partire da questo momento, rinuncerà ad agire e si limiterà a seguire il corso degli eventi).
Questi due nodi coincidono con due momenti fra i più intensi musicalmente, e al tempo stesso fra i più inconsueti stilisticamente, dell’intera Tetralogia: il canto d’amore primaverile di Siegmund «Winterstürme wichen dem Wonnemond» e l’addio di Wotan «Der Augen leucht- endes Paar», due ‘arie’ che contano fra i momenti più celebri dell’arte di Wagner (e anche fra i più eseguiti e incisi sotto forma di estratti da concerto). L'autonomia di questi blocchi rispetto al flusso sinfonico circostante, caratterizzato dall’intreccio dei motivi.
In questi momenti, la macchina concettuale del Musikdrama si arresta per lasciare spazio ad un ritorno all’estetica dell’opera italo-francese di conio tradizionale.
la concezione di Wagner contempla una dicotomia fra galassia ‘maschile’ (politica, raziocinio, logos, dunque: dramma parlato e tragedia) e femminile (intuito, espressione dell’indefinibile, natura, amore: musica).
Wagner teorico dell’opera spingeva per orientare il teatro musicale verso il polo della tragedia, del logos e della precisione concettuale: ma questo stesso logos è, l’espressione di quel principio ‘maschile’ che Wagner pensatore voleva veder superato in favore della musica, del sentimento.
Il che finisce per generare una sorta di paradosso: Wagner teorico e ‘storico’ del teatro, che tanto si è sforzato per riavvicinare l’opera alla tragedia, è costretto infine a trattare quest’ultima come se aspirasse a liberarsi dal suo carattere razionale, la dimensione logica, semantica e concettuale del Musikdrama, e dunque tutto ciò che lo avvicina alla tragedia, va benissimo finché si tratta di descrivere le contraddizioni e lo stato degenerato della società contrattuale. Quando però si deve far balenare un mondo dell’utopia, del sentimento e dell’amore, allora bisogna pur tornare alla musica «assoluta», al modello operistico. Cosa che Wagner (ammiratore appassionato e quasi discepolo dichiarato, della melodia belliniana) all’occorrenza sa fare benissimo.
L’impianto della Walküre, alla fin fine, si fonda su questa tensione: perfetta ed ineguagliata tragedia in musica, essa lascia aperti degli spiragli di redenzione (senza i quali il seguito del ciclo non sarebbe concepibile!) ammiccando proprio a quel genere dell’opera da cui il suo autore affermava di aver preso le distanze.
Arne Stollberg
La «semeiotica sonora» dei gesti. Linguaggio del corpo e forma musicale in Die Walküre di Wagner
Per Nietzsche in Wagner c’è, in principio l’allucinazione: non di suoni, ma di gesti. Per questi cerca innanzitutto la semeiotica sonora. Dietro questa dichiarazione si nasconde un’accusa a Wagner di essere stato più attore che compositore, e di aver tradito la dignità della musica consegnandola al teatro.
Adorno imputava a Wagner l’assente «logica musicale, sostituita da una sorta di gesticolare», anche Nietzsche vedeva nel dramma musicale una regressione rispetto alle conquiste sin lì attuate nell’ambito dell’arte compositiva. Mentre in precedenza la musica poteva creare la sua forma a partire da leggi proprie e produrre opere autonome, essa si sarebbe ora degradata a esprimere semplicemente «un rafforzamento del pathos mimico.
Non riesce difficile documentare nella musica di Wagner uno stampo fortemente gestuale, il compositore stesso elegge il sincronismo tra rappresentazione mimica e accento ritmico-musicale a principio fondamentale della messa in scena delle proprie opere.
Il monologo dell’Olandese sulla terraferma e il suo andamento barcollante venne riprodotto musicalmente dalla figurazione ondeggiante di violoncelli e viole.
In occasione dell’allestimento del Ring des Nibelungen a Bayreuth nel 1876 indicò egli stesso che a ogni frase musicale dell’orchestra dovesse «corrispondere, un’azione sulla scena». Così nel Rheingold il motivo d’entrata dei due giganti, venne tradotto a livello gestuale facendo sì che gli interpreti, «sui loro trampoli», calcassero il passo «sul primo e terzo quarto» di ogni battuta: pratica che oggi è chiamata mickey mousing (nel gergo della musica da film) e riservata piuttosto all’ambito della farsa, all’epoca procurò un effetto buffo, alcuni testimoni dissero: Wagner esige cose estremamente comiche, che sconcertano addirittura gli interpreti. Pretende ad esempio che i due giganti debbano fare la loro entrata sopra i rialzi montuosi mantenendo un’andatura singolare. Li presenta in maniera così stranamente comica.
Il momento gestuale rivestiva in Wagner un’importanza tale da ripercuotersi sulla struttura compositiva in modo così determinante da rendere impossibile contraddire la diagnosi nietzschiana.
Non ci si deve chiedere, perciò, se la sua musica si lasci effettivamente descrivere come ‘semeiotica sonora’ dei gesti, bensì se vi si debba essere un giudizio estetico negativo, come quelli formulati da Nietzsche e Adorno
Condizione malata del linguaggio.
Fu proprio Friedrich Nietzsche a individuare per la prima volta l’importanza del rapporto del compositore con il gesto, nella quarta delle sue Considerazioni inattuali, intitolata Richard Wagner a Bayreuth.
Nel fenomeno di decadenza della civiltà moderna rientra la condizione ‘malata’ del linguaggio: il linguaggio ha dovuto percorrere tutta la scala delle sue possibilità, per abbracciare il regno del pensiero, cioè l’esatto opposto del sentimento.
Di conseguenza, parole e concetti sarebbero certo in grado di garantire un’in- tesa, però non assicurerebbero alcun «concordare nel sentimento». E questa «estraniazione fra uomo e uomo» non riguarderebbe solo l’ambito linguistico, al contrario si sarebbe estesa a ogni sfera dell’esistenza, cosicché «il manifestarsi dell’uomo moderno è diventato in tutto e per tutto parvenza»
Mondo visivo e mondo uditivo, essere esteriore e interiore
Nietzsche associa l’irrigidimento della vita moderna con il concetto di « mondo visivo», mentre designa la musica di Wagner come «mondo uditivo» poiché farebbe risuonare il sentimento.
Si legge nell’Opera d’arte dell’avvenire (1849):
L’uomo è un essere esteriore e interiore insieme. I sensi ai quali egli si presenta come oggetto artistico sono la vista e l’udito. La vista coglie l’uomo esteriore, l’udito l’uomo interiore. Ma l’uomo interiore è colto solo dall’orecchio, al quale si manifesta mediante il tono di voce. Il tono di voce è infatti l’espressione immediata del sentimento. Il dolore e la gioia dell’uomo si comunicano direttamente, tramite la voce. La facoltà d’espressione mediante la vista si trova dinnanzi un limite che non consente di esprimere e di comunicare i sentimenti del cuore, il tono variato della voce comunica chiaramente quei sentimenti all’udito, che, a sua volta, li trasmette al cuore.
Wagner ricapitola qui il concetto centrale dell’estetica musicale dei sentimenti nel modo in cui alla fine del Settecento era stato formulato sulla scorta della «psicologia associativa», il concetto cioè secondo il quale la natura – stando alla definizione data da Johann Georg Sulzer – avrebbe «istituito un collegamento diretto tra udito e cuore.
Ritmo
Una simile interiorità evocatrice non è ancora musica, ma solo suono inarticolato. Qualcos’altro deve sopraggiungere per conferire una forma melodica al susseguirsi delle note: il ritmo. E proprio a questo punto Wagner chiama in gioco l’«uomo esteriore», perché il ritmo per lui non è un fenomeno autenticamente acustico, in nessun caso un fenomeno autenticamente musicale; al contrario deriva, in quanto elemento visibile, dal movimento di corpi.
L’atteggiarsi dell’uomo, che nella danza cerca di farsi comprendere con movimenti espressivi, pare essere per la musica ciò che i corpi sono per la luce, la quale non risplenderebbe se non si rifrangesse su di loro; e così possiamo dire che senza il ritmo non potremmo percepire la musica.
Le movenze della danza sono divenute ritmo, come necessaria «incarnazione» del suono, Wagner parla di «melodia infinita», la sua peculiarità è il superamento della «quadratura di una fraseologia tradizionale», cioè dell’articolazione del melos in unità simmetriche di 2+2, 4+4 o 8+8 battute.
Danza
secondo Wagner, la settima sinfonia di Beethoven rappresenterebbe l’«apoteosi della danza. I primordi della musica strumentale, potrebbero venire ricondotti a facili melodie di danza. Fu Theodor Uhlig, amico di Wagner, a sviluppare il pensiero in base al quale, nell’ambito della formazione dei temi, la simmetria in Haydn, Mozart e Beethoven, era conforme alla regolarità dei movimenti del ballerino, fondata sull’andatura bipede dell’uomo, la musica avrebbe formato in maniera del tutto automatica «ritmi originari di due, quattro e otto battute»
Wagner riprende questa riflessione per estenderla alla sfera politica.
Il ballabile, con la sua costruzione simmetrica delle frasi, era all’inizio un principio prestabilito dalla natura, quindi si irrigidì gradualmente in una vuota convenzione in cui l’essenza individuale dell’uomo venne portata a scomparire. Così il periodo di otto battute perse l’innocenza e degenerò in emblema musicale della società aristocratica, abbandonando tutta l’autenticità del sentimento, un processo dimostrato da Wagner sulla scorta delle sinfonie di Mozart. Qui le melodie di danza, riconvertitesi in temi, si avvicendano con insignificanti passaggi di sutura, i motivi strettamente circoscritti terminavano immancabilmente con una cadenza, per trasformarsi in formule.
Culto del Sentimentalismo (simmetrie e asimmetrie)
L’associazione tra la simmetria formale della musica di Mozart e il sistema aristocratico, contrassegnato dalla «geometrizzazione» di tutti gli aspetti della vita, risale a un pensiero che alla fine del Settecento accompagnò l’emancipazione della borghesia.
In particolare, le riserve contro la maniera di presentarsi dell’aristocrazia di corte, artificiosa e innaturale, fecero nascere il culto del ‘sentimentalismo’ in cui si espresse il desiderio di un’aperta comunicazione tra uomo e uomo, non offuscata da alcuna finzione o calcolo.
Quanto più la manifestazione di un sentimento era spontanea e involontaria, tanto più attendibile risultava la franchezza da parte di chi cercava di confidarsi per suo tramite, al contrario, ogni formalizzazione mediante simmetria o proporzioni armoniose è sospetta di sottrarre alla rappresentazione artistica la forza dell’effetto.
Nel campo della danza e dell’arte drammatica venne così attuato un mutamento, per cui l’ideale di un’espressione ‘naturale’ degli affetti si sostituì allo stile rappresentativo artificioso del teatro barocco.
Tema del malcontento divino.
Quando Wotan, durante il dialogo con Fricka, raggiunge sempre più la convinzione che l’ideale di un «eroe libero» è fondato su un abbaglio, e capisce di essersi invischiato nelle contraddizioni che la sua sposa gli ha potuto porre davanti agli occhi con troppa facilità, risuona – dapprima ai fagotti e al clarinetto basso «il tema del malcontento divino» articolato in quattro battute e volto a mettere in musica il « fremito represso» di Wotan, dove i gesti sono chiaramente iscritti nel decorso melodico.
Preludio.
la struttura stessa della tempesta, che non ci presenta una natura selvaggia: è, una natura visibilmente ‘addomesticata’. La forma del preludio è un meccanismo di precisione, fatto di proporzioni calibrate, di un’elaborazione motivica incessante, di incastri millimetrici e di un ferreo piano tonale centrato su Re minore; e, dietro questo ‘furore geometrico’, intravediamo la mano del suo artefice: Wotan.
Il dio è il suscitatore e il padrone, della tempesta. Gli elementi ruotano tutti attorno ad un obiettivo: forgiare ed equipaggiare «l’eroe giusto», dotato di «forza autonoma. Un eroe «indipendente dagli stessi dèi» in grado cioè di agire «per libera volontà che sappia, contando solo sulle sue forze, «sciogliere l’incantesimo» nefasto dell’anello, e affrontare poi «l’espiazione con la morte.
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